lunedì 21 agosto 2017

Gatto

Lo notai che annusava la ghiaia del cortile come un cane da tartufo, sembrava indemoniato...infine ingoiava tutto ciò che ai limiti della decenza poteva definirsi commestibile.
Carta, mozziconi di sigarette, materiale organico di difficile intuizione...lui odorava e divorava con la stessa (accertata) voracità di chi stava morendo di fame.
Lo chiamai..Gatto.
Non potevo e non volevo dare un nome a quello stupido animale che così caparbiamente era apparso a disturbare il mio menage quotidiano.
Non doveva permettersi, quell'inutile e pidocchioso, bastardo e randagio, di intaccare per un solo attimo il mio fragile equilibrio emotivo; così faticosamente costruito ad arte per sopravvivere con decenza all'ombra lunga e scura che sovrastava minacciosa le mie paure e le mie incertezze.
-Mi scoprii a piangere come un bambino, quando quel giorno ti ritrovai...disteso e morto sulla ghiaia del nostro primo incontro.
Confesso che ti ho voluto bene, piccolo bastardo/affamato/ammalato e inutile.
A nulla sono servite le mie cure e il mio amore.
A nulla è servito chiamarti "gatto".- 
                                                                      (Alec)